Orzaiolo: che cos'è e come si cura
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L’orzaiolo è una patologia di tipo infettivo, solitamente causata da una tipologia di batteri denominata stafilococchi, che colpisce una o più delle ghiandole sebacee delle palpebre, situate alla base delle ciglia. Nella maggior parte dei casi, le ghiandole interessate sono quelle esterne, anche dette “di Zeis” o “Moll”. La ghiandola di Zeis è una ghiandola sebacea unilobare che si trova al margine della palpebra e supporta l'azione delle ciglia.
La ghiandola prende il nome dall'oftalmologo tedesco Eduard Zeis, che la scoprì. Si tratta di ghiandole che producono una sostanza oleosa che attraverso i dotti escretori del lobulo sebaceo viene immessa nella parte centrale del follicolopilifero. Nella stessa zona della palpebra, vicino alla base delle ciglia, si trovano alcune ghiandole sudoripare chiamate "ghiandole di Moll". Se le ciglia non vengono pulite, è possibile l'insorgenza della follicolite, mentre le conseguenze possibili in caso di infezione alla ghiandola sebacea sono l'ascesso e l'orzaiolo.
In tali situazioni, l’infiammazione è evidenziata dalla formazione di una piccola escrescenza di forma tondeggiante in corrispondenza della linea delle ciglia. Il paziente lamenta un doloroso gonfiore persistente nella zona dove si trova l’orzaiolo e, al centro di questo, si nota una fuoriuscita di pus (liquido di colore giallognolo).
In casi piuttosto rari e più preoccupanti, l’orzaiolo è definito “interno”, in quanto le ghiandole colpite sono quelle “di Meibomio”, situate, appunto, nella zona interna delle palpebre. Al contrario di quello esterno, l’orzaiolo interno, di regola, non è visibile a prima vista: solo a seguito di un esame del lato interno della palpebra, si noterà un gonfiore circoscritto e molto dolente, anche in questo caso dovuto all’accumulo di pus.
L’orzaiolo, poi, a prescindere dalla localizzazione, è caratterizzato anche da un notevole fastidio nel percepire fasci luminosi e spesso si sviluppa una lacrimazione accentuata.
Quanto alle terapie, è decisamente errato il tentativo di schiacciare la tumefazione, perché il pus potrebbe “contagiare” parti sane e si rischia di estendere l’infiammazione all’intero dotto escretore, fino a far degenerare l’orzaiolo in cisti. E’ opportuno, invece, mantenere l’occhio pulito, agevolando la maturazione e, quindi, la regressione dell’escrescenza attraverso impacchi di acqua non troppo calda, da effettuare con una garza sterile in modo ripetuto. Solitamente la rottura dell’ascesso, con la riduzione e, poi, scomparsa del dolore è spontanea e avviene nell’arco di alcuni giorni.
Il medico può, tutt’al più, prescrivere pomate a base di eritromicina (o antibiotici simili), allorché la frequenza della patologia inizi a diventare preoccupante. Quando si tratta di orzaiolo interno, invece, è necessario, in genere, l’intervento di uno specialista, che faciliti la fuoriuscita del pus attraverso l’agopuntura e la spremitura.
Applicando impacchi caldi sull’orzaiolo si allevia il fastidio, inoltre si affretta il processo suppurativo e quindi il conseguente scoppio dell’orzaiolo. Il medico può eventualmente prescrivere colliri o antibiotici adeguati se questa tumefazione perdura. A volte può essere necessario incidere o asportare chirurgicamente l’orzaiolo.